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Ottobre 2025

“…dietro ogni portone si nasconde un piccolo mondo. Il catenaccio prova a tenerlo lontano dalla realtà, ma nulla può il metallo contro lo scorrere del tempo…”
Mi piace l’autunno, è la mia stagione preferita. 
Avevo scelto di trascorrere il mese di ottobre in montagna.
I colori del bosco, con i larici che iniziavano ad ingiallire, la prima neve sulle cime, l’aria fredda scaldata dal sole in quelle giornate di cieli azzurro acceso, mi davano energia.

Andavo a zonzo sui sentieri senza una meta precisa, le mie giornate erano scandite da ritmi precisi: la prima uscita della mattina era una passeggiata con il mio cane anziano, poi il lavoro al computer e negli spazi di tempo libero iniziavo il mio vagabondare sui sentieri.

Era tutto un su e giù, l’aria frizzante mi riempiva i polmoni e, passo dopo passo, sentivo che quella ricerca di me stessa non era solo una fuga, ma era un punto di partenza per la mia rinascita.
Dovevo lasciarmi alle spalle i dolori, i pesi e le fatiche che avevo accumulato negli ultimi anni.
Pesi enormi sulle mie spalle come sassi nel mio zaino della vita.
Volevo e dovevo ritrovare leggerezza, svuotare poco alla volta quello zaino immaginario che appesantiva il mio passo.

L’autunno era il periodo migliore per andare per sentieri e piccoli borghi di montagna: non rischiavo di incontrare nessuno. Non avevo voglia di incontrare nessuno.
Camminavo tra sentieri dimenticati e villaggi, alla ricerca di pace e silenzio. 
Mi piace l’architettura delle case di montagna, i rascard, che nei tempi passati, ospitavano la vita quotidiana: stalle e cantine al piano inferiore, la casa vera al centro, i granai in alto. Durante i rigidi inverni, famiglie e animali condividevano gli spazi e il calore. I portoni dei rascard mi hanno sempre affascinato; mentre passeggiavo tra i vicoli del villaggio, ne incontrai uno chiuso e immaginai le storie che poteva custodire.

“… dietro ogni portone si nasconde un piccolo mondo. Il catenaccio prova a tenerlo lontano dalla realtà ma nulla può il metallo contro lo scorrere nel tempo.”

Quel portone chiuso che avevo incontrato, con le sue crepe tipiche del legno invecchiato, era come il mio cuore: triste, chiuso e trattenuto alla vita che, volente o nolente, continuava a scorrere. Ed io ero seduta, ferma. Nessun catenaccio e portone chiuso poteva fermare il passare del tempo…
né impedire al nuovo di farsi spazio.
Capii che era ora di aprire quel portone, di far entrare luce ma soprattutto di far entrare la vita, di lasciare andare quelle storie che rendevano pesante il mio zaino e di andare a crearne di nuove.
Nel silenzio di quelle giornate, con la natura che mi avvolgeva con la sua forza, sentii che avevo ricominciato a vivere il presente e stavo imparando a fidarmi del futuro.

Testo di Cristina Guarnaschelli
Foto di Walter Meregalli


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